I nuovi L.E.A., la sfida della sanità campana

La prima domanda che ci dobbiamo porre è: di quale sanità vogliamo parlare? La sanità che funziona o quella che non funziona? La sanità che soddisfa i fabbisogni di salute o quella autoreferenziale che si limita ad assicurare la sopravvivenza di se stessa? La sanità centrale o quella declinata a livello regionale? La sanità da fantascienza che attrae utenti per rispondere a gravi problemi o la sanità inefficiente che ti costringe a migrare in altre regioni?

In considerazione della partecipazione a questo convegno del ministro della salute, on. Roberto Speranza, ritengo giusto partire dalle sue parole, espresse in occasione del G20 dei ministri della Sanità. Secondo il nostro ministro, il mondo sanitario italiano attende input in termini di aspirazioni, intenti, di strategie di alto profilo. Queste le sue parole: “La tutela della salute dell’individuo, con la previsione di una copertura sanitaria universale, ‘senza lasciare nessuno indietro’ trova fondamento nella Costituzione italiana che stabilisce che <<la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività>>”.

Stiamo parlando, allora, di una sanità universale che sappia interpretare le esigenze espresse dai cittadini italiani nella condizione di un fabbisogno di salute. Di un sistema tale da saper leggere, interpretare la realtà e poi attuare gli interventi idonei. Una sanità regionale che produce 470milioni di euro di mobilità passiva, ovvero di prestazioni fruite in strutture sanitarie di altre regioni, a noi non può piacere. E non ci piace nemmeno che tutte le regioni del Sud Italia si trovino nella stessa condizione, quasi a voler rimarcare che il Sud non sia in grado di fare una buona Sanità.

Chi vi parla lo fa a nome di un centro di riabilitazione che attira utenza da cittadini residenti in altre regioni, che ha saputo costruire in cinquant’anni di storia un complesso strutturale che è sotto agli occhi di tutti e che ci consente, con l’ausilio di personale altamente specializzato, di poter aiutare “chi non ha voce”. E’ il nostro principale leit motiv, il nostro motivo conduttore: “Dare voce a chi non ne ha”.

E chi non ha voce ci racconta che vuole ancora qualcosa di più coraggioso: vuole avere non solo il diritto ma anche la reale possibilità di poter fruire nella propria regione di tutti i servizi sanitari che possono agevolare il raggiungimento di obiettivi riabilitativi che in altre regioni sono a portata di mano.

Non tutti oggi possono avere accesso a prestazioni diagnostiche altamente specializzate. C’è una costante migrazione verso strutture come il Bambin Gesù a Roma, il Meyer di Firenze, il Gaslini di Genova. Ma c’è anche una costante impossibilità da parte di tanti genitori che non possono permettersi un viaggio della speranza. Per quanto tempo ancora dobbiamo rinviare l’appuntamento con una struttura di eccellenza nella nostra regione che possa soddisfare i propri residenti ma anche attirare utenti da altre regioni, così come le strutture poc’anzi citate?

A fronte di un grande numero di cittadini che evadono dai propri confini perché non trovano strutture in grado di soddisfare la domanda di prestazioni sanitarie e diagnostiche altamente specializzate, c’è sicuramente un’altra quota di cittadini che migra perché non è soddisfatta dal livello qualitativo delle strutture sanitarie regionali. A fronte di una ri-programmazione delle attività sanitarie, ci dovrebbe essere anche una contestuale ristrutturazione. La Regione Campania ha perso un importante appuntamento, quello dell’accreditamento istituzionale delle strutture pubbliche che, ad oggi, non tutte hanno i requisiti per operare nel rispetto dei parametri sanitari. Tollerare la carenza strutturale e di dotazioni è oggi altrettanto grave rispetto a un buco di bilancio. Ma questo non pesa sugli indicatori del piano di rientro dal disavanzo sanitario. Prendete i provvedimenti sulla programmazione sanitaria. Nessuno di questi atti monitora lo stato di salute delle strutture esistenti: viene quasi l’idea che la riorganizzazione ospedaliera sia effettuata senza considerare la realtà fattuale.

E questo è grave. Oggi sono operativi plessi ospedalieri che sono inseriti in strutture fatiscenti. Per raggiungere il reparto di Ortopedia, in qualche caso e quando l’unico ascensore è guasto, è necessario essere sani e perfettamente mobili. E’ un paradosso che sintetizza bene la situazione. Per entrare in alcuni ospedali bisogna essere sani. Allora, mi chiedo: che sistema sanitario è mai questo?

La fuga dei cervelli è dovuta anche all’effetto combinato di una carenza di plessi di alta specializzazione e di una carenza strutturale nonché di dotazioni tecnologiche. Vi racconto un’esperienza che è veramente accaduta. Un  medico della nostra regione, specializzato in una tipologia di intervento chirurgico ad alta complessità tecnologica, con una notevole esperienza all’estero, volendo ritornare in Italia, ha vinto un concorso ed è stato assunto presso un ospedale campano. La struttura aveva acquistato un macchinario tale da poter consentire interventi chirurgici di alta complessità. Il macchinario però era ancora imballato presso l’azienda produttrice perché non c’erano medici specializzati nel suo utilizzo. Lo specialista neo-assunto avrebbe potuto essere il primo a metterlo in funzione ma il responsabile del reparto gli osserva che, essendo l’unico medico in grado di utilizzarlo, non poteva autorizzare l’avvio di questa tipologia di interventi. Pertanto il medico avrebbe dovuto dedicarsi a interventi chirurgici di tipo tradizionale e il macchinario sarebbe rimasto imballato. Neanche a dirlo, lo specialista si licenzia dall’ospedale campano e se ne vola in un paese europeo dove viene in poco tempo assunto da un presidio ospedaliero per operare interventi di alta complessità. Spero che sia solo un caso isolato. Sicuramente la fuga dei cervelli non è un episodio congiunturale ma un dato di fatto.

D’altro canto la nostra sanità regionale ha appena conseguito un risultato importantissimo: dopo 10 anni, finalmente siamo usciti dal piano di risanamento del disavanzo sanitario. Un risultato eccezionale che ci permetterà di scioglierci da lacci e lacciuoli che tenevano incatenato lo sviluppo della nostra sanità. Ma il problema vero non è solo uscire dal disavanzo sanitario ma anche dall’inefficienza di un sistema sanitario. Il cammino è lungo e i passi che indubbiamente ha compiuto negli ultimi anni la nostra sanità regionale, seppur tanti, non consentono ancora oggi di raggiungere il livello qualitativo desiderato. C’è bisogno ancora di tanto impegno, anche se bisogna riconoscere che “chi ben comincia, è già a metà cammino”. C’è bisogno, però, di ragionevolezza. E’ un concetto che poco si usa e invece bisognerebbe abusarne.

Tanti nostri cittadini vanno in altre regioni a curarsi? Troviamo il sistema per soddisfare le loro esigenze in Campania. Non perdiamoci in iter tortuosi e burocratici: definiamo subito cosa si può fare nel breve termine.

Ci sono delle eccellenze sul territorio? Non smontiamole, agevoliamole invece. A Salerno l’obbligatoria riconversione del regime residenziale e semiresidenziale, in conseguenza di un principio della distribuzione provinciale e non regionale degli indici di fabbisogno sta determinando il taglio di tanti posti letto che non saranno attivati nelle altre province, se non in minima parte. E’ un bene, questo?

Tanto è stato fatto da parte della struttura commissariale regionale per consentire una riconversione dei regimi assistenziali che non determinasse la distruzione delle strutture riabilitative. E’ vero. Ma è altrettanto vero che l’evidenza ci dimostra che alcune esperienze di eccellenza dovranno ridurre la propria attività in nome del fabbisogno provinciale e dell’appropriatezza. Vi rivolgo una domanda: è appropriato o inappropriato fornire una prestazione di elevata qualità, anche superiore allo standard normativo, a chi è in condizione di fabbisogno? Siamo sicuri che utenti che trovano ancora oggi soddisfazione in attività da riconvertire, e raggiungano giorno dopo giorno obiettivi indiscutibili, siano agevolati a transitare in attività diverse?

Noi siamo per l’eccellenza, quella che si intuisce e si apprezza anche solo girando nella nostra struttura  o nelle altre strutture di eccellenza del nostro territorio.

Noi siamo per la ragionevolezza. Quella che ci fa confrontare insieme senza pregiudizi, senza alzare barriere preventive.

dott.ssa Carmen De Vita
Responsabile Area riabilitativa